Scampare al gabelliere: l’affrancamento di fondi e azioni conviene davvero?

Cari adepti oggi siamo a parlare di un tema molto caldo che sta facendo discutere gli addetti ai lavori. In particolare ci riferiamo al cosidetto affrancamento, procedura fiscale prevista dall’art. 1, comma 112, Legge n. 197/2022 e riguardante fondi (Sia ETF che fondi attivi) e azioni.

Ma cosa è esattamente ? Trattasi della facoltà (non obbligo) di poter immediatamente pagare il 14% del capital gain anzichè il 26%, al valore della partecipazione azionaria alla data del 31-12-2022. In pratica operazioni simili si erano viste nel 2012 e nel 2016, ma questa appare invero particolarmente vantaggiosa.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di essere chiari invece che ondivaghi come tanti altri che scrivono nella net-sfera.

A chi si rivolge l’affrancamento?

A tutti gli investitori con residenza fiscale in Italia, possessori al 31-12-2022 di fondi o azioni.

Se accetto di affrancare, cosa succederà al mio titolo?

Verrà calcolata la differenza tra il Prezzo Medio di Carico e la quotazione a fine 2022, e su questa sarà applicata la tassa del 14% (e non, come erroneamente scritto da molti, sull’intero valore della partecipazione). La partecipazione sarà “attualizzata”, ovvero il nuovo prezzo medio di carico sarà quello di fine 2022. Ad esempio se ho un titolo con PMC di 100€ e valore a fine 2022 di 200€, pagherò 14€ ad azione e il “nuovo PMC” del titolo su cui pagare successive tasse o ricevere crediti in minusvalenze sarà 200€.

Posso scegliere quali titoli affrancare o devo procedere sull’intero deposito titoli?

La norma non è chiarissima, ma la maggior parte delle banche si sta orientando verso la possibilità di scegliere quali titoli affrancare, garantendo una maggiore convenienza.

Conviene affrancare e in base a quali criteri?

Ecco la domanda delle domande, quella invero che interessa ai più. Iniziamo col dire che la convenienza ad affrancare NON dipende dall’entità del guadagno, nè in termini percentuali nè assoluti, purchè positivo. Quello che conta ai fini della convenienza sono invece due soli fattori:

  • L’orizzonte temporale dell’investimento;
  • Il rendimento atteso del titolo.

Relativamente a quest’ultimo, trattandosi di azioni, sarà naturalmente aleatorio e soggetto a valutazione personale o storico indicativo.

Ma andiamo al dunque dei freddi numeri. Quello che dobbiamo calcolare è il rendimento composto dell’anticipo di tassazione. Ossia, per tornare all’esempio precedente, quanto mi renderebbero i 14€ anticipati al vorace erario se li mantenessi a “fruttare”, invece di porgerli al terribile leviatano. Ordunque:

  • Se i 14€ messi a rendita SUPERANO in valore [1] 26€, non conviene affrancare;
  • Se i 14€ attualizzati rimangono sotto ai 26€, conviene affrancare.

Andiamo quindi a costruire un grafico con diversi livelli di rendimento per verificare i nostri assunti in maniera empirica.

Possiamo “toccare con mano” come per brevi orizzonti temporali conviene senz’altro affrancare qualunque sia il rendimento (tranne proiezioni “stellari”): anche titoli con un rendimento atteso del 9% non riuscirebbero a crescere così tanto dal neutralizzare in pochi anni il vantaggio fiscale. Per investitori invece di lungo periodo su indici azionari, con rendimenti attesi superiori al 7%, può rimanere conveniente non affrancare, salvo mantenere le posizioni per 10 anni o più. Sempre che il mercato vi assista !!!

Faites vos jeux!!!

Per chi volesse maggiori dettagli tecnici, qui un interessante documento in proposito: https://www.odcec.roma.it/index.php?option=com_wbmfm&format=raw&cod=MzA1MDM=

[1] Una volta venduto e pagato il CG. Con rapidi calcoli si trova che se l’aliquota sui CG rimanesse in futuro del 26%, il rendimento complessivo deve essere superiore al 116% circa per giustificare la scelta di non affrancare. Infatti si ha r*(1-0,26)=12/14

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