Carissimi adepti riprendiamo la saga Brexit, ormai da 3 anni sugli schermi: la poco temeraria Theresa May ci ha lasciato ai primi di giugno, ora tocca ad un nuovo “Prime Minister” cercare di convincere il poco docile parlamento di sua maestà e la ancor meno docile Commissione Europea a nuovi accordi. Di una dozzina di aspiranti ne rimangono ora solo 5, di cui il fantastico capello biondo B. Johnson largamente in vantaggio nelle preferenze.
Cerchiamo di ricapitolare: l’economia Britannica rimane fortemente avanzata e ormai quasi completamente finanziarizzata, aperta ad investimenti e con bassa tassazione. Per questo motivo la fine di rapporti doganali assortiti secondo noi avrebbe un impatto limitato e di breve periodo, molto meno di quello che si pensi.
Nelle economie della conoscenza bisogna attirare talenti e creare condizioni di sviluppo di nuove energie imprenditoriali nei settori innovativi, alla faccia della trita e ritrita retorica di infrastrutture, tassi di cambio e merci che giracchiano per il globo (robbetta da scarso valore aggiunto). Difatti le economie più “paracule” del mondo guarda un po’ hanno deciso di occuparsi di far girare i soldi, mentre gli altri sgobbano chini su arcolai e campi agricoli, loro fanno margini impressionanti tra venture capital e private equity. Spiace ammetterlo ma il mondo gira così, noi ci adeguiamo e cerchiamo di seguire la corrente del danaro per intercettarlo alla bisogna.
Torniamo quindi al teatrino politico: il guittone Boris Johnson (per gli amici BoJo) non è affatto quel brexiter duro e puro che si vuole dipingere per strappare concessioni a Bruxelles e voti all’elettorato. Anzi è il classico riccone etoniano ex sindaco di Londra, insomma proprio l’opposto. Il solone anodino probabilmente mira a conquistare la leadership tory (ormai quasi fatta) e poi andare a nuove elezioni, vista la difficoltà di governare un parlamento rissoso e inconcludente. Potrebbe però anche riuscire a disegnare una vasta trama cerchiobottista che riesca a infinocchiare, pardon portare dalla sua parte, quanti più PM possibili.
A quel punto può forzare la mano , raggiungendo, dopo sbraiti e casini vari, una bella unione doganale o simile, unica soluzione plausibile al famoso “pasticciaccio” del back-stop in nord Irlanda.
Intanto i corsi azionari continuano a sottoperformare e la sterlina a calare.
Certo il top sarebbe una bella hard Brexit che permetterebbe acquisti a prezzi d’occasione, ma probabilmente questo scenario idilliaco non si realizzerà. Nel frattempo buoni acquisti di piccolo calibro preferendo azioni sicure o bond della Mighty Queen. Non si sa mai che i giochetti vadano a finire male per la nostra gioia…