Cari adepti in questi giorni è in aumento notevole la percezione del rischio sui titoli di stato italiani, anzi senza l’ombrello BCE la velocità di fuga sarebbe certamente maggiore, stante il contorno non favorevole con l’aumento dei tassi in USA e del dollaro che già segnavano una certa preferenza delle mani forti per titoli T-Bond super sicuri e con rendimenti allettanti a danno dei corporate e dei paesi emergenti o pericolanti.
La crisi dell’Euro sembra dunque riaffiorare dopo le dannate giornate del 2011, “grazie” al governo “populista” in formazione nello Stivale. In realtà se basta un cambio di governo per generale una crisi, capirete tutti che le fondamenta su cui si basa la moneta europea qualche falla le devono avere, stante una struttura molto molto labile che come abbiamo visto in precedenti posti si illude con quattro variabili monetarie di controllare 27 paesi. Tant’è! Inutile girarci intorno, le probabilità di un break up della moneta unica sono NON nulle per quanto ancora basse. Già qualche giorno fa suggerivamo la vendita massiccia di titoli di stato italiani e periferici in generale. Ma vediamo a quali potrebbero essere le conseguenze di una uscita unilaterale dalla moneta unica della zattera italiana, di modo da essere pronti a questo scenario catastrofico. L’aggettivo è senz’altro calzante visto che questo evento sarebbe il più grosso default mai avutosi nella storia moderna, tanto da far impallidire Grecia e Argentina. Esistono infatti la bellezza di 2200 miliardi di euro di titoli di stato italiano in circolazione: a titolo di paragone il crack Greco ha riguardato una quantità all’incirca 10 volte inferiore di “bond”. Il fatto di ripagare un debito con una moneta dal valore più basso (l’intento dell’uscita infatti sarebbe dichiaratamente quello di svalutare, oltre a velleitarie politiche di spesa che come vedremo sarebbero ancora più impossibili di oggi) è chiaramente una ristrutturazione del debito, del tipo “mi hai dato una moneta d’oro e te ne restituisco una d’argento”.
Ma veniamo ad una analisi più dettagliata: diciamo che l’uscita dall’euro teoricamente non produrrebbe che un trasferimento: infatti i valori reali dei beni non sarebbero intaccati, la moneta è solo un vettore di ricchezza e non un asset “reale” (un po’ come l’energia elettrica per intenderci).
Quindi quello che si produrrebbe è un gigantesco travaso di ricchezza dai creditori di titoli italiani (e obbligazioni di banche italiane e altri debiti vs imprese italiane etc.) e di possessori di denaro contante allo stato italiano: tecnicamente un default bello e buono con tutte le conseguenze del caso. Generalmente questi eventi si caratterizzano con dure negoziazioni tra i creditori e debitori con (è inutile girarci intorno) richieste di macelleria sociale assortite, pena la perdita di accesso ai mercati internazionali del credito (che per un paese sviluppato come l’Italia significherebbe una recessione economica impressionante). Così è sempre andato dalle famose crisi creditizie dell’america latina, la Russia, la crisi asiatica, argentina, greca etc.
Per quanto riguarda il breve termine, i sentori di un possibile default ovviamente scatenerebbero il panico tra tutti i possessori di titoli e contanti “convertendi”, con facilmente immaginabili fughe di capitali in cerca di un porto sicuro (es. banche straniere o materassi) e la necessità di un blocco dei capitali per evitare il crollo del sistema bancario (ricordate la Grecia?). Probabile anche una forte domanda di beni reali come oro e immobili che per loro natura non subirebbero direttamente una decurtazione del valore intrinseco (salvo patrimoniali per compensare i debitori incaxxati e determinati a far valere i loro diritti). Anche le azioni sarebbero teoricamente al sicuro, specialmente di aziende con fatturato prevalente all’estero che potrebbero addirittura beneficiare del nuovo cambio (salvo recessioni a bomba di cui sopra).
Il primo effetto dell’uscita sarebbe quindi equivalente ad una maxi-patrimoniale di circa 800 miliardi (più o meno la svalutazione attesa sarebbe di circa 30%), di cui circa 600 a carico dei cittadini e delle banche italiche. Non proprio una passeggiata nel verde insomma.
Immediatamente dopo aver appioppato la fregatura ai creditori, lo stato avrebbe serie difficoltà a collocare il debito a scadenza (comunque enorme) per il quale sarebbero richiesti ingenti interessi dell’ordine del 10% e oltre, anche considerando l’inflazione che schizzerebbe a doppia cifra per l’aumento immediato dei prezzi di tutti i beni importati. Potremmo quindi avere il caso, come negli anni 80, di un debito in crescita esponenziale che vanificherebbe l’alleggerimento iniziale, salvo tagliare selvaggiamente la spesa pubblica (altro che taglietti chiesti dalla Commissione europea) o imporre mega tasse quasi per necessità.
Insomma un mezzo disastro, da cui serviranno parecchi anni per riprendersi, anche se la competitività del paese aumenterebbe e permetterebbe di esportare. L’esito sull’economia nel suo complesso è incerto, visto la diminuzione dei salari reali (consumi interni) e l’aumento vertiginoso dei tassi di interesse sui prestiti a persone e imprese.
Per ulteriori ragguagli basta vedere come andò in Argentina nel 2001.
Quasi impossibile sfuggire completamente agli effetti della botta, a meno di non risiedere all’estero. Sarà molto importante comunque cercare di difendersi con bond tedeschi o comunque a valuta forte, dollari, franchi svizzeri, attività reali (Immobili, Azioni estere e Oro in primis).
Rimane da capire cosa succederà alle banche italiane: salvo la fuga di capitali che potrebbe mandarle a zampe all’aria e il contenzioso legale su crediti vs estero che è possibile immaginare, diciamo che mediamente dovrebbero andare a pari, visto che il crollo delle attività (mutui, titoli di stato italici, etc.) sarebbe compensato dal calo delle passività (i depositi fisici e gli investimenti dei clienti).
Ora i sostenitori dell’uscita vi diranno che meglio una briscola subito che fare la fine della rana bollita poco a poco, ma quando affermano che sarà una passeggiata e non è traumatica, non credeteci: tantissimi ci rimetteranno (qualcuno ci guadagnerà) ma la somma di perdite e guadagni nel breve non potrà che essere negativa. Inutile dire che la parte più debole della popolazione avrà la peggio (lavoratori a basso reddito e pensionati). Nel lungo imponendo una dura austerity e la macelleria sociale necessaria a non far affondare la barca, l’economia si potrebbe riprendere come accaduto in Argentina.
Beware !