Eccoci al nuovo appuntamento oracolare: non parliamo della liretta italica tanto sognata da sovranisti e giallo-verdi ma della martoriata lira turca, ormai in una tempesta perfetta tra crisi diplomatiche, incompetenza economica del grande despota locale e attacchi speculativi che stanno facendo precipitare la bistrattata valuta ogni giorno di più. Interessanti i titoli in valuta locale ormai sono arrivati a rendere il 20% su timori di ancor più profondi cali stante il rifiuto categorico del tiranno di alzare il costo del denaro come si aspettano gli investitori internazionali per far calare la febbre dell’inflazione galoppante ormai oltre il 15%. Ricordiamo come nel 2015 invece la banca centrale russa stante la caduta profonda del rublo in una sola notte alzò i tassi di interesse di ben 11 punti decretando di li a poco la fine del panico. Ma non è ancora il momento di entrate pesanti sui bond turchi in lira o nel più tranquillo dollaro: aspettiamo che il panico raggiunga il suo apice con crolli verticali in quello che gli investitori chiamano “tail risk” ossia la coda (della gaussiana) imprevedibile quanto molto molto pericolosa nel momento in cui si manifesta e ovviamente ghiotta di occasioni speculative. Un bel bond in dollari con rendimento intorno all’8-9% netto sarebbe veramente molto succulento visto che l’importanza strategica del Paese rende estremamente improbabile un fallimento conclamato, al massimo un salvataggio del FMI che imponga politiche ortodosse e più accettate dai mercati con duri tagli e pesanti sofferenze per il popolo turco, quanto ampie soddisfazioni per investitori coraggiosi. Le scempiaggini della politica anal-fabeta sono l’asso nella manica di ogni swing-trader che si rispetti. Dura lex sed lex!