3% e analfabetismi economici

00_ECON_TAX_shutterstock_66106600_3_percent_659x439pxCarissimi adepti oggi parleremo di un tema molto dibattuto da personaggi che di economia ci capiscono ben poco e d evidentemente stanno portando il Paese in una spirale di sfiducia molto simile al 2011. Parlasi del famoso 3% dei limiti decisi nel 1992 nella amena cittadina di Maastricht.

Ebbene secondo questi scimuniti tale regola al deficit/PIL sarebbe totalmente irragionevole e campata per aria. In realtà si tratta di un falso mito anzi la famosa regoletta è alquanto lasca e al limite eccessivamente generosa, tanto da essere poi sostituita dal più preciso e complicato fiscal compact (di cui ovviamente nessuno discute in quanto lì qualcosina in più bisogna saper fare … insomma non basta la quinta elementare).

Ma veniamo a spiegare la genesi dei vincoli di Maastricht. Innanzitutto va detto che prevalse un approccio monetarista alquanto discutibile (e in effetti errato) secondo cui bastasse controllare qualche parametro numerico di tipo monetario (nella fattispecie inflazione, deficit, debito, tassi di interesse e cambio) per poter rendere stabile un’unione monetaria vastissima di paesi molto diversi e con economie eterogenee. Nessun accenno a deficit commerciali, PIL procapite etc.

La teoria monetarista era all’epoca in gran voga specie in quel di Germania. Per saperne di più potete iniziare da qui.

Ma torniamo al 3%. Come venne fuori questo vincolo ? Molto semplice. Il trattato prevedeva che il debito pubblico dovesse essere intorno al 60% del PIL e STABILE. Vennero poi ammessi anche altri Paesi (tra cui il nostro) anche se con debito molto più alto, ma con l’ulteriore vincolo di una riduzione tendenziale del debito nel tempo (Mai verificatasi anzi invertitasi nel 2009).

Ora faremo qualche rapido conticino che ci fa capire come viene fuori il 3% (ma ripeto si tratta di un numero estremamente generoso).

Allora incominciamo col prendere un Paese x, con debito al 60% del PIL. Immaginiamo che tale paese abbia un’inflazione del 2% (che è l’obbiettivo della BCE) e una crescita del PIL del 3% (assolutamente ottimistica, visto che mediamente l’EU cresce del 2-2,5% medio annuo a dir tanto). Ora, quale deficit può “permettersi” questo Paese, per mantenere costante il debito ???

Dobbiamo rapportare il nuovo debito al PIL “gonfiato” dalla sua crescita nominale (ossia gonfiata dall’inflazione oltre che dalla crescita reale)

Molto semplice :  (60+x)/(100+2+3)=60/100

Sviluppando la semplice equazione viene fuori guarda un po’ proprio 3.

Quindi il 3% sarebbe quel deficit che mantiene stabile il debito di un’economia che cresce al 3% l’anno, se il debito fosse 60. Un numero “tondo” forse troppo semplicistico ma comunque fondato (a differenza delle improbabili ricostruzioni riportate da giornaletti provinciali italioti).

Considerato che:

  • L’Italia ha un debito del 130% del PIL
  • L’inflazione continua a stare sul 1-1,2% (aggravandone la posizione)
  • Il PIL non cresce al 3% dagli anni 80, ma la media veleggia sullo 0,xxx%

Vedete voi se tale Paese può permettersi di “bucare” il generosissimo parametro del 3%.

Insomma i numerosi demagoghi che blaterano in giro vogliono semplicemente portare il sistema su una parabola insostenibile e alla ristrutturazione del debito. Processo nient’affatto indolore anzi estremamente traumatico, considerato anche che, a differenza della Grecia, il 70% di tale ammontare è in mano a Banche e famiglie Italiane.

L’oracolo consiglia ovviamente di tenersi alla larga da tale debito finchè continueranno a girare questi persistenti analfabeti economici.

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